“L’avaro” di Molière
LA RAPPRESENTAZIONE “L’AVARO” DI MOLIÈRE E’ UNA LIBERA RIDUZIONE SICILIANA IN TRE ATTI TRATTA DALL’OMONIMO LAVORO.
Ecco di seguito le Note di Regia
Perché proporre oggi nell’era del “villaggio globale” un Seicento incipriato dal sapore “nostrano casereccio”? E’ stata una scelta semplice e avvincente che molti, in ossequio ad una delle più insigne tradizioni teatrali, hanno già sperimentato prima di noi.
“L’avaro” di Molière, infatti, è uno dei lavori teatrali che più si prestano ad essere attualizzati ed interpretati e che, speriamo, in questa versione siciliana ridotta in tre atti, dia il giusto riconoscimento alla grande e sempre fresca produzione del commediografo francese.
Esperienzialmente per noi è stato il pretesto per cimentarci e rivisitare gli espedienti e i ruoli della “Commedia dell’Arte”, che attraverso il dialetto abbiamo voluto fare nostri; espressioni dunque di coralità conterranea che ci rimandano a vissuti radicati nella nostra comune “storia” culturale.
Una “storia”, che, oggi come in passato, ha trame intessute fra il tintinnio ed il luccichio abbacinante del denaro così carico di promesse: sicurezza personale; rispetto e potere sociale; persuasività e corruzione.
“Arpaguni”, la maschera tragicomica che è il protagonista, n’è l’emblema: prototipo perfetto di usurai, capitalisti e … finanzieri, che dirigono il mondo con leggi trascendenti di mercato o di profitto ben lungi spesso dalle implicazioni etico-morali comunemente condivise.
“Arpaguni” è vittima e carnefice; schiavo più di se stesso che della sua “cascittina”; ossessionato ed ossessionante nella sua avidità; ansioso ed appagato nella sua ingordigia. Egli è succube del suo vizio che lo rende egocentrico e incapace d’amare.
Attraverso un intreccio di apparente ingenuità si è portati via via a vivere i sentimenti che animano i personaggi della storia ed è nel sorriso divertito e amaro, che le vicende suscitano, la giusta mediazione tra sdegno e indignazione che la figura d’Arpaguni suscita.
Per l’“uomo” che egli invece nasconde in sé si prova pietà, poiché “nell’ansia di possesso” egli diventa povero, negandosi a quei beni e a quelle ricchezze che la vita può offrire solo gratuitamente.
PERSONAGGI – interpretati
ARPAGUNI – Giuseppe Cazzetta, VALERIO – Ivano Ferrara, MARIANNA – Francesca Sollami, DON ANSERMU – Luigi Vullo, FRUSINA – Maria Sollami, SAJTTA – Liliana Carletta, MASTRU JABICU – Michele Graci, LUCILLA – Teresa Aprile, DMASTRU SIMUNI – Michele Spanò, DELEGATO – Attilio Ferrara;
DIRETTORE DI SCENA – Matteo Scarlata, SCENOGRAFIA – Matteo Scarlata, Angelo Marchese e Vitale Emma, MUSICHE – Aldo Manganaro, COLLABORATRICE DI REGIA – Elena Falzone, REGIA – Ivan Giumento